Capitolo 3
di Willow MossQuella notte fu particolarmente tormentosa per la famiglia del visconte. Le donne avevano sostituito i vivaci abiti di seta con sobrie vesti nere e veli scuri, radunandosi attorno al caminetto in un pianto disperato.
La viscontessa trascorse le ore a singhiozzare, scagliandosi contro la nuora: “Inutile donna! Non hai nemmeno saputo dare un erede a Belon, rimpiango il giorno in cui l’ho lasciato sposarti!”
Viviano sorrise con freddezza: “Quando avete attinto alla mia dote, forse ero utile abbastanza? Mi avete sposato per denaro. E a proposito, in tutti questi anni non vi ho mai fatto mancare nulla – il vostro tenore di vita l’ho mantenuto io. Senza di me, la vostra tenuta sarebbe già fallita!”
“Che oscenità osi dire!”
“Oscenità? Ora sono vedova, senza figli né titolo. Perché dovrei restare? Riprenderò ciò che è mio e tornerò a casa mia.”
“Non ne hai il diritto!”
“Il diritto?” Viviano si alzò con grazia, sorridendo. “La legge me lo garantisce. Ora, signori, è tardi. Riposatevi – domani ci attende la preparazione del funerale.”
Appena uscita, la viscontessa proruppe: “Puttana indecente! Non può portarci via tutto!”
“Mamma, calmati.” Lauren, la terzogenita di sedici anni, avvicinandosi con il ventaglio, era una bellezza rara – capelli biondi posticzi che esaltavano la sua pelle diafana e gli occhi verde chiaro.
“Che faremo? Senza eredi, il titolo andrà a quel bastardo! Quando morirà, ci cacceranno via!” singhiozzava la viscontessa.
Il visconte Lloyd tentò di calmarla: “Non essere così drammatica. Secondo l’antica consuetudine, potrà sposare Freya o Lauren, assicurando così la continuità della nostra linea. A quanto so, è un abile amministratore e piuttosto facoltoso.”
“No! Papà, non sposerò mai quel gobbo ripugnante!” Freya, la secondogenita, si alzò di scatto. “Sceglierò io mio marito!”
Rispetto alla terza figlia Lauren, la secondogenita Freya era più avvenente, ma di carattere ben meno equilibrato. Altera com’era, amava dettare legge a tutti.
Il visconte Lloyd le disse: “Vuoi sceglierti da sola il marito? Se qualche nobile ricco e influente fosse disposto a sposarti, potrei darti in moglie all’istante. Ma temo, con tuo sommo dispiacere, che ora che tua cognata sta per andarsene portando via la sua dote, non riuscirò a garantirti nemmeno mille sterline. Credi davvero che in tali circostanze qualche aristocratico possa ancora desiderarti?”
“Oh! Santo cielo! Santo cielo!” strillò Freya.
“Gli scriverò immediatamente per informarlo”, disse il visconte. “Preparate tutto per accoglierlo.”
La notte scorsa era caduta la prima neve dell’inverno. Nel cuore della notte, mentre giacevo nel letto avvolto dal gelo, il sonno mi sfuggiva. I miei piedi rimanevano ghiacciati, incapaci di trovare un briciolo di tepore, e questo mi riportava alla mente i giorni in cui ero costretto a nascondermi…
All’alba, il suono improvviso di una campana mi svegliò di soprassalto, dandomi il via a una nuova giornata di lavoro. Su ordine del maggiordomo Baccello, mi affrettai verso le scuderie per avvisare i palafrenieri: “Sua Signoria il visconte uscirà tra poco, preparate subito la carrozza”.
Le scuderie della tenuta Fornaio erano costruite in modo solido e ospitavano una dozzina di magnifici destrieri provenienti dalle steppe orientali, utilizzati dal padrone per le passeggiate o la caccia. Vi si allevava inoltre con cura un branco di segugi purosangue. Ancora prima che entrassi nella stalla, quei piccoli demoni cominciarono ad abbaiare furiosamente.
Alcuni palafrenieri mi salutarono, accennando alla possibilità di pioggia e alla necessità di ispezionare accuratamente la carrozza.
A differenza della servitù che lavorava all’interno del castello, nella tenuta vi erano una quindicina di servitori tra palafrenieri, giardinieri, guardaboschi e custodi notturni. A loro non era permesso accedere al castello e vivevano in una fila di piccole case di legno vicino al bosco. La loro posizione era persino inferiore a quella dei domestici di basso rango, e talvolta potevo ordinare loro di svolgere qualche compito.
“Lo valletto personale del visconte provvederà a mantello e ombrello, non vi preoccupate”, li rassicurai.
Il vecchio palafreniere Toal mi chiese: “Toker, ho sentito che sei tornato a casa qualche tempo fa”.
“Sì, proprio il giorno della disgrazia del giovane Lloyd. Che giorno terribile”, risposi.
“Come sta la tua famiglia?”
“Grazie al cielo, stanno bene.”
“Tra qualche giorno andrò in città a fare acquisti con la carrozza, vuoi che ti porti qualcosa?” mi chiese lo zio Brant.
“Oh, no, grazie. Ho già dato tutto il mio salario a mia madre, non mi resta nulla da spendere,” risposi sorridendo.
“Ragazzo, devi essere più furbo e tenerti qualche soldo da parte,” disse Toal. “Mia nipote Zera è arrivata oggi nella tenuta come cuoca. È una ragazza un po’ ingenua, se ne hai l’occasione, dai una mano.”
Sentendo il nome di Zera, rimasi un attimo senza parole. La sua immagine si era ormai offuscata nei miei ricordi.
A mezzogiorno, vicino al forno, vidi quella ragazzina tutta affaccendata: era proprio Zera. Le cuoche più anziane la rimproveravano senza pietà, e sembrava sul punto di piangere. Posai il vassoio che avevo in mano e mi avvicinai per tranquillizzarla: “Sei la nipote del vecchio Toal, vero? Io sono Toker, lui mi ha chiesto di darti una mano. Non agitarti troppo, se sbagli al massimo ti sgrideranno, ma non ti picchieranno né ti manderanno via, d’accordo?”
L’espressione di Zera si rasserenò un po’, e mi rivolse un timido sorriso. Tuttavia, sembrava che guardarmi direttamente le costasse fatica, perché dopo poco abbassò gli occhi, torcendosi le mani nel grembiule.
“Basta così, ragazzo, non disturbare le mie aiutanti,” intervenne bruscamente una cuoca corpulenta, allontanando Zera dal mio sguardo.
Rodi si avvicinò e, strizzandomi l’occhio, commentò: “Hai proprio un bel fascino, eh? Se l’avessi guardata ancora un po’, quella ragazzina sarebbe sprofondata dalla vergogna.”
Risi imbarazzato: “Non dire sciocchezze, è solo molto timida.”
Ma Rodi continuò: “Beh, se avessi un bel visino come il tuo, non farei certo il servo di basso rango. Magari sarei già l’amante di qualche nobildonna.”
Ignorai le sue parole e, prendendo il vassoio, uscii dalla cucina.
Non ho replicato perché anch’io un tempo ero così presuntuoso. Mia madre mi aveva donato un bell’aspetto: un fisico alto e slanciato, riccioli biondi, un naso aquilino, occhi infossati e profondi di un azzurro intenso. Il mio volto dai lineamenti marcati era considerato straordinariamente affascinante da tutti.
Ricordo che, appena compiuti i quattordici anni, una donna dissoluta del villaggio aveva tentato di sedurmi, offrendomi persino del denaro. Allora, spinto dalla curiosità, mi ero lasciato baciare tra i pagliai, strappando i vestiti l’uno all’altra. Ma quando vidi il suo corpo grassoccio, un senso di nausea mi assalì e fuggii in preda al panico. Quelle macchie rosse fitte sul suo corpo mi riempirono di terrore.
Ora che ho diciotto anni, rispetto ai quattordici, sono diventato più maturo e ancor più attraente, attirando gli sguardi di molte donne. Parlano sempre di me sottovoce, accompagnando i loro discorsi con risatine. Ovunque vada, gli occhi mi seguono. Tutto questo mi ha dato una fiducia cieca, facendomi credere che ogni donna sarebbe inevitabilmente caduta ai miei piedi.
La governante Rachele mi ha chiesto di portare caffè e dolci nel salottino. Tra i valletti addestrati professionalmente, l’eleganza delle maniere è fondamentale, specialmente quando si trasportano oggetti. Mentre reggo il vassoio, devo tenere la testa alta, lo sguardo fisso davanti a me. Il vassoietto deve essere sostenuto saldamente con una sola mano, mentre l’altra rimane naturalmente dietro la schiena. I passi devono essere misurati, né troppo lenti né troppo veloci.
Riuscire a mantenere equilibrio e grazia senza un lungo addestramento è difficile. Perciò, quando il maggiordomo Baccello si accorse che avevo imparato quasi subito, il suo stupore mi riempì d’orgoglio. Mi definì un valletto nato per eccellere.
Oggi, la tenuta Fornaio ospitava degli invitati. La giovane lady Cherie era arrivata in carrozza da Lancaster con la sua piccola Caterina. Il loro arrivo era leggermente in ritardo, proprio mentre si concludevano i funerali del giovane Lloyd. Cherie singhiozzava senza controllo, apparendo profondamente addolorata. Naturalmente, non possiamo sapere se il suo dolore fosse genuino.
I suoi capelli erano impeccabili, il trucco curato, e indossava gioielli costosi e raffinati. L’unica differenza era il vestito nero che aveva indossato per l’occasione. In quel momento, stava parlando con tono irritato alla viscontessa: “Quella sgualdrina se n’è andata così, senza neanche degnarci di uno sguardo!”
La viscontessa agitò il ventaglio con forza, il respiro affannoso a causa del corsetto troppo stretto: “Appena finiti i funerali, è salita sulla carrozza della sua famiglia ed è partita.”
Cherie fece una smorfia di disgusto: “Oh, mamma, avete sofferto troppo, costretti a sopportare l’arroganza di una donna di così bassa estrazione! Non avremmo mai dovuto permettere che la figlia di un mercante entrasse in casa nostra, solo per una dote misera.”
“Ora non è il momento di pensare a lei,” sussurrò la viscontessa.
Cherie assunse un’aria pensierosa, abbassando il ventaglio: “Allora… verrà lui?”
“È difficile dirlo. I nostri rapporti erano molto tesi…” rispose la viscontessa, preoccupata.
Io sentivo tutto. Le parole dei miei padroni risuonavano nelle mie orecchie. Ma dovevo fingere di essere invisibile. Il mio compito era portare il cibo, consegnarlo ai valletti anziani, e poi rimanere in piedi accanto al muro, immobile come un dipinto, in attesa di ordini.
I valletti anziani servivano il tè alle signore con garbo, movimenti aggraziati, passi leggeri come quelli di un gatto. La seconda figlia, Freya, bisbigliava con il valletto Palude, mentre la terzogenita, Lauren, appariva molto più composta. Sebbene sorridesse gentilmente ai servi, non si degnava mai di rivolgere loro più di una parola.
Credo che, in fondo, ci disprezzasse. Peccato che, all’epoca, io fossi così perso nel suo sorriso incantevole da non accorgermene. Anzi, arrivai persino a credere che si fosse innamorata di me…
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